Mercoledi 3 maggio 2017

ore 18

presentazione

Su terreni di sabbia

poesie di

MARIOLINA DE ANGELIS

Intoduce Alessandra Paganadi

 

In questa raccolta la poetessa ci regala, a mio avviso, il suo libro più intenso: acuto, tragico ma insieme pudico, dove ancora una volta, e con notevole maestria, i testi vivono di immagini sospese tra vita e memoria, tra luoghi reali e scene del sogno.   Dalla prefazione di Gabriella Fantato

di Alessamdra Paganardi
I terreni di sabbia rimandano certamente all’effimero, allo scorrere del tempo: sia come sabbia fra le dita, che nell’accezione più concreta della sabbia nella clessidra. Ma rimandano anche a una spiaggia – che la poetessa, nata lontano dal mare, cominciava forse a conoscere nelle vacanze estive – e dunque al materno, al gusto del sole. Tutto questo nel libro (libro esile in apparenza, ma denso) c’è, a partire dalla prima sezione La mappa del cuore, dove significativamente quasi in ogni testo compaiono molto collegate tre immagini, tre campi semantici: uno legato al cibo o ai doni (il marzapane, i pasticcini, le leccornie, le vigne, la cannella dello strudel, la Sacher e i Krapfen) , uno legato alla preziosità (i gingilli, l’oro, l’argento, lo splendore degli altipiani); il terzo chiamato col diretto nome di madre o con il suo complementare, l’infanzia. Serenità apparente, forse venata di nostalgia. Ma già nella seconda sezione Le proporzioni degli oggetti l’acquerello (tecnica in cui l’autrice è esperta) si rompe in un’acquaforte, la casa si intravede in un chiaroscuro notturno alla Magritte; compaiono oggetti deformati come gli orologi di Dalì, la realtà si fa più inquietante, surreale, fra sogno e incubo. Alla solarità della prima sezione fa riscontro una luna scheggiata oppure obesa, sghemba, occhieggiante tra vasi di fiori e nature morte. Il mondo assume forme strane, eppure potrebbero essere le stesse strade, le stesse case di prima. Che è accaduto? E’ accaduto che Mariolina De Angelis ci accompagna in un viaggio di cui non vuole svelarci tutto il segreto, ma neppure vuole lasciarci nell’illusione che tutto resti uguale. Il viaggio è un viaggio nell’anima, che non nasconde la paura del passare del tempo e della solitudine (come sottolinea la prefazione di Gabriela Fantato) e quindi non mente sulla propria fragilità. Ma è un viaggio circolare, che proprio al centro del libro, la terza sezione sulle cinque, porta le poesia più legate alla relazione (il ricordo dell’uomo amato, il desiderio, il corpo, l’assenza) e che poi sembra risalire, superare il fondo del pozzo: ecco perché nella quarta parte, Unico approdo, sembra proprio che quell’infanzia da cui tutto è partito stia richiamando l’autrice e i suoi lettori: insistiti sono i richiami al tornare bambini (Come bambini/ con le loro minuscole orme, pag. 42; Si trema ai propri passi/ come ai primi/di quando si nasce , pag. 43). Il paesaggio è notturno e i contorni restano inquietanti, emerge l’ombra della vecchiaia in una poesia omonima, vista tuttavia con un filo d’ironia caricaturale (s’incurva a destra/ ondeggia a sinistra/ prosegue dritta/ senza sbagli, pag. 44). Con un po’ d’ironia, un po’ di gioco e molta tenerezza, ciò che potrebbe essere inquietante diventa quasi ludico: la luna è ossuta, ha il volto corrugato (nell’ultima sezione dirà che è “scavato”, approfondendo la personificazione), come in un disegno infantile; i fantasmi sono guerrieri nella notte, a metà tra spavento e avventura; il corpo fragile torna puerile. L’autrice ci ha ormai accompagnato al punto di ritorno di questo viaggio circolare che non riguarda solo lei e solo noi, ma tutta l’umanità di sempre: i fantasmi sono diventati angeli, ci confortano nell’orizzonte di un mondo dedicato alla comunicazione ma privo d’empatia (abissali distanze, leggiamo a pag. 55). E il libro si conclude con questo verso: scorre l’enigma della vita. Rinvia ancora alla sabbia che scorre, ma ci lascia in una sospensione, come se il ciclo fra passato e presente dovesse da un momento all’altro ricominciare. Come se il tempo stesso fosse un’illusione, come se nulla dovesse mai finire e anche i terreni di sabbia, anziché preparare insidie, potessero nascondere tesori.

 

Mariolina De Angelis, nata a Bolzano, da molti anni vive e lavora a Milano. Ha scritto a lungo sul Paese delle Donne e Leggere Donna. Ha pubblicato molte raccolte di poesia.  Segnalata e Premiata con diversi Premi Letterari. Nel 2014, presso la Galleria d’arte “Officine Coviello” ha tenuto una mostra personale di opere in tecnica mista (gesso e acrilico), in occasione della quale ha pubblicato la plaquette poetica Pareti Strette.

 

Corpo

Non resta che archiviare

gli ultii respiri vitali

.Accettare le oscillazioni

del corpo

delle gambe.

A volte è ancora un fuso dritto

altre è incerto, sospettoso

non crede nei suoi stessi passi.

“Uno alla voltaa, uno alla volta…”

Come bambinicon le loro minuscole orme.

Pure le cose si fanno nebulose

davanti agli occhi velati.

Ma se guardo in alto

ecco le stelle

amiche da sempre.