Insegnante Luigia Cecalupo

CECALUPO LUIGIA, meglio conosciuta come GINA. Nata a Terlizzi (BA) il 2/3/1949.
Ha conseguito la laurea magistrale in Lettere Moderne con 110 e lode con la tesi su “Rosalia Chladek: dal movimento funzionale alla danza”.

ALTRI TITOLI:
1971 – Brevetto CONI di Istruttrice di Nuoto con Tore Montella;
1974 – inizia i corsi di Educazione del Movimento, ispirati al Sistema Chladek, con Ada Franellich in via S. Barnaba a Milano;
1984 – a Strasburgo diploma Chladek di Insegnante in Pedagogia della Danza;
1992 – a Milano diploma di Insegnante del Metodo Feldenkrais “Conoscersi attraverso il movimento” con Ruthy Alon;
2006 – a Firenze diploma di Trainer (Insegnante Formatore) di Bones for Life (Ossa per la Vita) per la cura e il controllo dell’osteoporosi.
2014 – in maggio a Gerusalemme in Israele diploma di Senior Trainer di Movement Intelligence con Ruthy Alon.

ESPERIENZE PROFESSIONALI:
1971/74 – insegnamento ai corsi UISP di nuoto per bambini a Cinisello Balsamo;
dal 1996 – collaborazione con Riabilitazione Oggi di Milano e Associazione Fisioterapisti del Friuli e dell’Abruzzo per tenere corsi Feldenkrais di aggiornamento ai Fisioterapisti;
1992/2004 – Insegnamento ai corsi di Educazione al Movimento (metodo Feldenkrais e Chladek) organizzati dal Comune di Cologno Monzese;
dal 2004 – è una delle 3 socie fondatrici dell’Associazione Culturale MoviMente di Cologno Monzese dove conduce da 10 anni corsi Feldenkrais e Chladek e, come Trainer, corsi di formazione per Insegnanti di Ossa per la Vita;
nel settembre 2008 – incarico di Docente di Ossa per la Vita ai Corsi Estivi da parte dell’Università di Carmona (Spagna);
nel 2011 e nel 2014 conduce 2 seminari Didattici di Ossa per la Vita rilasciando il diploma di Insegnanti di Ossa per la Vita a 19 candidati.

IL METODO FELDENKRAIS : L’APPRENDIMENTO SOMATICO

dalla tesi Luigia Cecalupo che conduce i corsi

Il metodo Feldenkrais pone l’accento sulla consapevolezza del corpo in movimento piuttosto che su nozioni esterne concernenti un corpo-oggetto.

Si esplica in due modalità diverse, ma ispirate alla stessa logica: una, Consapevolezza attraverso il movimento (CAM), guidata da una serie di istruzioni verbali, è rivolta a un gruppo di allievi; l’altra, l’Integrazione Funzionale (IF), è individuale, sostanzialmente non verbale, basata prevalentemente su movimenti passivi, attraverso il tocco delicato dell’insegnante. Le due modalità lavorano entrambe sulla stimolazione periferica per arrivare al sistema nervoso centrale ottenendo un miglior controllo del movimento volontario. Moshe Feldenkrais, nei suoi libri, più volte dichiara di non aver inventato nulla: tutto è descritto dalla scienza. L’originalità del suo metodo sta nell’aver tradotto in processi pratici le teorie scientifiche. La scelta dei movimenti ha come quadro di riferimento l’evoluzione motoria filogenetica e ontogenetica dell’uomo e le funzioni motorie, intendendo per funzioni quello che facciamo per mantenerci in vita, per interagire con gli altri esseri umani e con l’ambiente. Esempi di funzione sono azioni come aprire la bocca, portare una mano verso la bocca, guardare in alto, girarsi da supino a prono, alzarsi a sedere dalla posizione supina, alzarsi in piedi dalla posizione seduta a terra o su una sedia, protendere un braccio per afferrare qualcosa, e così via. Secondo Feldenkrais è la funzione che determina la struttura corporea e non il contrario1. La struttura esprime l’aspetto statico dell’oggetto o fenomeno in esame, la funzione considera invece l’aspetto dinamico2. E’ il modo in cui l’organismo viene stimolato all’auto-organizzazione che ne determina lo stato di salute o di malattia, di funzionalità o inadeguatezza alle richieste dell’ambiente. La presa di coscienza sul più piccolo movimento e il suo riflesso su tutto il corpo, fare movimenti piccoli, lenti, ridurre lo sforzo al minimo (legge di Weber-Fechner3) e sperimentare varie opzioni, senza criteri come “giusto” e “sbagliato”, risveglia e completa schemi e potenzialità innate4.

L’approccio è sempre globale e si basa su movimenti organici naturali. Prende in considerazione le varie componenti dei gesti funzionali e lavora su ciascuna di esse, dove possibile su alcune contemporaneamente, cercando di far percepire alla persona le relazioni tra le parti, ad esempio quello che fa un’anca mentre il braccio controlaterale si muove in avanti, o cosa fa l’altra spalla, o la testa, o come si muove il bacino rispetto al torace.

L’obiettivo è di sollecitare e potenziare la consapevolezza della persona, integrando la propria immagine corporea. E’ questo uno dei concetti base del metodo Feldenkrais: ognuno agisce secondo l’immagine che ha di se stesso, immagine che può essere sempre migliorata.

L’aspetto, la voce, il modo di pensare, il rapporto col tempo e lo spazio sembrano dati acquisiti da sempre, ma non è così. L’immagine che ognuno ha di se stesso è anche composta di sentimenti e di sensazioni, e si forma nel corso della vita. E’ il risultato delle nostre esperienze e della nostra eredità biologica.

Azioni e movimenti hanno un ruolo centrale nei processi di rappresentazione mentale e Feldenkrais aveva messo in luce il rapporto tra intenzione di movimento e azione: il movimento può essere immaginato in preparazione o in sostituzione dell’esecuzione del movimento stesso. Il fatto stesso di immaginare mette in azione le cellule nervose preposte al movimento: questo è stato di recente affermato dagli scienziati che hanno osservato come nel nostro cervello il sistema specchio anticipi le azioni7. I neuroni specchio si attivano quando si compie una certa azione, ma anche quando, stando fermi, si immagina di compiere l’azione o la si osserva compiersi in un’altra persona.

Affinando e diversificando il proprio repertorio motorio, ognuno di noi arriva a rompere gli automatismi e i condizionamenti e quindi impara a imparare attivamente e liberamente.

L’approccio Feldenkrais non si pone come metodo terapeutico, ma come pedagogia del movimento: si rivolge alla parte “sana” dell’individuo aiutandolo a ritrovare ed attivare in sé le proprie risorse naturali, dimenticate o sopite, in modo da riprendere l’evoluzione interrotta. In quest’ottica non c’è limite alle possibilità che ognuno di noi può scoprire in se stesso. L’interesse primario di Feldenkrais non è il movimento in sé, ma il miglioramento del modo di funzionare del sistema nervoso. Il termine apprendimento ritorna continuamente negli scritti e nelle lezioni di Feldenkrais, perché il suo approccio, attraverso il lavoro periferico, ottiene un miglioramento degli schemi neurologici di movimento, schemi che sono elaborati e controllati a livello centrale. Come ha scritto Albert Rosenfeld: «insegnare al corpo come programmare il cervello è il miracolo di Moshe Feldenkrais».

Un’attenzione particolare viene rivolta da Feldenkrais alla funzione dello scheletro. Ci sono molti modi di stare in piedi, in posizione eretta, e Feldenkrais chiama postura dello stato di potenza quella più efficiente di tutte le altre, che consente lo spostamento in qualsiasi direzione dello spazio con facilità e permette la completa reversibilità del movimento iniziato.

Feldenkrais aveva coniato il neologismo attura (che individuava dinamicità e instabilità della posizione eretta), preferendolo a postura (che suggerisce l’idea di staticità).

Thomas Hanna (1928-1990) sottolineava le competenze di Moshe Feldenkrais che, nella sua qualità di fisico, aveva suddiviso in cinque livelli:

1 – consapevolezza della gravità;

2 – consapevolezza delle leggi della termodinamica;

3 – consapevolezza dei modi in cui funzionano i sistemi elettrici;

4 – consapevolezza di come costruire apparecchiature elettriche più complesse e, soprattutto,

5 – una profonda consapevolezza di se stesso grazie agli anni di formazione nel jiu-jitsu e nel judo.

A questo punto non è affatto sorprendente che Feldenkrais

abbia distillato le tecniche di educazione somatica del suo insegnamento di gruppo (chiamate poi Conoscersi attraverso il movimento), in una modalità quasi magicamente trasformatrice, dal suo lavoro diretto con gli individui (chiamato poi Integrazione Funzionale).

Di conseguenza Feldenkrais teneva l’allievo seduto o sdraiato in modo che le risposte muscolari, acquisite dal cervello in relazione alla gravità (1° livello), venissero sospese riducendo così l’eccitazione neurologica globale nel cervello. Questa sospensione dei riflessi antigravitazionali e delle risposte acquisite lasciava il cervello più disponibile ad assolvere il proprio compito di apprendimento. Poi (2° livello), mediante lo specchiarsi in movimento (che gli derivava dal judo) e altre tecniche propriocettive, guidava il sistema sensomotorio ad acquisire un tono più equilibrato e una minor resistenza al movimento, in modo da diminuire la frizione globale e la perdita di energia del sistema organico dell’allievo. Questo teneva direttamente conto della seconda legge della termodinamica, riducendo l’entropia del sistema corporeo dell’allievo e aumentando di conseguenza la capacità di conservare energia da parte del corpo durante il suo lavoro. Mentre dava all’allievo questa lezione propriocettiva, Feldenkrais serbava decisamente ben impresso nella mente (3° livello) tutto quanto aveva appreso sui sistemi elettrici e sui meccanismi retroattivi, sugli effetti dell’ammortizzamento e della risonanza così come tutto ciò che era implicato in operazioni sistemiche. Norbert Wiener (1894-1964) aveva ideato il concetto di cibernetica proprio mentre Feldenkrais a Londra stava programmando dei sistemi nervosi umani ad autocorreggersi e autoguidarsi. Feldenkrais fu il primo cibernetico somatico. In Feldenkrais il pensiero di cibernetico era completato (4° livello) dall’abilità manuale e dalla destrezza ingegneristica di un uomo che aveva dedicato anni alla costruzione di apparecchiature elettrotecniche ad alta tensione. Le mani dell’insegnante che istruivano l’allievo lungo i percorsi di un funzionamento più efficace, erano le stesse che, tempo addietro, avevano costruito i circuiti del generatore elettrostatico di Van de Graaff, per la divisione degli atomi in particelle. E (5° livello) questo insegnante straordinario utilizzava il tocco e il movimento come mezzi per istruire l’allievo, guidato in questo dalla propria consapevolezza del senso esatto del movimento che egli aveva insegnato al proprio sistema sensomotorio negli anni di intenso allenamento nelle arti marziali.

Di tutti e cinque i livelli, ciò che Feldenkrais inserì nella propria eredità dell’Integrazione Funzionale e della Consapevolezza Attraverso il Movimento, era una fusione di quell’evidenza oggettiva e soggettiva che a lui balzava agli occhi. Erano tante e tali le verità convergenti verso la medesima conferma integrale, che una volta che egli le aveva colte, si stupiva che nessun altro ne vedesse l’evidenza.

La fusione di questi cinque livelli ha messo in luce tutto un insieme di aspetti fondamentali e di abilità dell’individuo che rendono l’Integrazione Funzionale e Conoscersi Attraverso il Movimento discipline di straordinaria complessità. E il grado di sofisticazione è suggerito da ciò che esige una loro pratica efficace:

perfetta conoscenza dell’anatomia e della fisiologia; precisa comprensione tridimensionale della kinesiologia; comprensione di base del sistema nervoso centrale e chiara distinzione delle sue funzioni in rapporto agli eventi che appartengono al sistema nervoso periferico, nozioni di psicologia e fisiologia dello sviluppo; conoscenza del sistema dell’equilibrio e delle funzioni del movimento della testa nonché delle funzioni visive; conoscenza della meccanica della postura su due piedi; conoscenza della teoria dell’apprendimento e delle tecniche di rinforzo; conoscenza della corrispondenza fra consapevolezza soggettiva e funzioni sensorial-motorie; distinzione, nella consapevolezza, fra parti prossimali e distali del corpo e struttura della resistenza; capacità personale di equilibrio e di coordinazione dei propri movimenti e percezioni fino al punto di essere in grado di far riverberare delicatamente, come in uno specchio, i movimenti dell’allievo apprendista; il senso di come utilizzare il tocco e il movimento in maniera educativa più che correttiva; possedere una consapevolezza personale della kinesiologia al punto di essere in grado di sentire e tracciare una direzione di movimento con esattezza (è un’abilità che appartiene all’emisfero destro); conoscere l’arte di focalizzare l’attenzione dell’allievo apprendista sul processo propriocettivo più che su obiettivi esterni; e ben altro ancora.

La qualità emisferico-destra di questo sistema di miglioramento educativo veniva costantemente sottolineata da Feldenkrais nella sua analogia fra l’Integrazione Funzionale e l’insegnamento della danza: si tenta garbatamente di mostrare all’allievo come muoversi, non forzandolo, ma suggerendo, fluttuando con lui finchè comincia finalmente ad averne il feeling, e rapidamente sia il movimento che la sua coordinazione scorrono e l’allievo dice: “Sì, ho afferrato! Posso farlo!”

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OSSA PER LA VITA
RUTHY ALON E IL PROGRAMMA DI BONES FOR LIFE
RUTHY ALON, nata a Cali, Colombia, il 25 gennaio 1930, è un’insegnante israeliana, Senior Trainer del Metodo Feldenkrais1. Giunge in quello che diventerà lo stato di Israele proveniente dalla Colombia all’età di 3 anni con i suoi genitori (il padre originario dell’Ucraina e la madre del Marocco). Dagli 11 ai 13 anni frequenta la scuola di un kibbutz, che ha una notevole influenza sulla sua personalità idealistica. Durante la guerra d’indipendenza di Israele nel 1948 lascia gli studi per unirsi all’Esercito israeliano e si occupa di codici di comunicazione via radio. Nel 1950 completa la sua formazione come insegnante di scuola elementare presso il David Yelin College a Gerusalemme.
E’ a Tel Aviv tra i primi allievi diretti (il gruppo dei 13) di Moshe Feldenkrais, col quale si è formata a partire dal 1958. Ha partecipato alla diffusione del Metodo Feldenkrais nel mondo, portando il proprio contributo alla nascita e allo sviluppo di formazioni professionali del Metodo Feldenkrais in Europa, negli Stati Uniti, in Australia e in Israele. Si è dedicata per circa 40 anni alla formazione degli insegnanti di questo metodo che si occupa della consapevolezza dei processi psicomotori. Alla metà degli anni 90 ha realizzato il video di 30 minuti sul Metodo Feldenkrais dal titolo Movement Nature Meant.
A partire dal 1999, sulla base dell’approccio di apprendimento somatico del Metodo Feldenkrais, ha iniziato a sviluppare il programma Bones for Life (Ossa per la Vita) che mira a stimolare il rafforzamento delle ossa e la riorganizzazione posturale attraverso il movimento.
In un’intervista2 Ruthy Alon parla su come ha sviluppato il programma Bones for Life e come questo è in relazione con il Metodo Feldenkrais.
Racconta di un suo parente dottore in medicina che le pose la domanda: “Ha il Feldenkrais qualcosa per l’osteoporosi?”, a cui lei rispose d’impulso “No”. Tornata a casa, però, cominciò a pensarci. Era una sfida. L’essenza del lavoro Feldenkrais risiede nel risvegliare il cervello, guidare il sistema nervoso per trovare soluzioni di movimento migliori.
Ruthy si pose delle domande: “Cosa occorre agli occhi per sviluppare la vista? La luce. Cosa occorre alle orecchie per sviluppare l’udito? I suoni. Cosa occorre alle ossa per diventare più forti? Il confronto dinamico con la forza di gravità”.
Gli esseri umani sono in grado di stare eretti grazie alla capacità dello scheletro di sostenere la massa del corpo. Feldenkrais soleva dire che la funzione dello scheletro è quella di cancellare la forza di gravità e di facilitare il movimento. La mobilizzazione dello scheletro è efficiente ed economica quando la pressione sul suolo è ritmica e viene prodotta con delle pulsazioni elastiche che scorrono da una polarità all’altra «in una fluida transizione assimilabile all’effetto domino». Le ossa si rafforzano nella misura in cui sono utilizzate per sostenere questa pressione nelle due direzioni. «La necessità di forza crea la motivazione dell’organismo a produrre tessuto osseo». Si tratta di un condizionamento neurologico fondamentale. Senza tale richiesta non sussiste l’incentivo e l’organismo interpreta l’assenza del confronto dinamico con la gravità come se non vi fosse bisogno di forza. Infatti ciò che non è utilizzato viene cancellato dal catalogo funzionale. Si crea un circolo vizioso: la mancanza di movimento intenso determina la mancanza di forza nelle ossa che, a sua volta, conduce a un’ulteriore mancanza di movimento. La perdita di densità ossea equivale a perdere autonomia di movimento. Il problema diventa allora come interrompere tale circolo e attivare in sicurezza il movimento intenso in un corpo che non è organizzato a tal fine.
Ruthy cominciò a esplorare le possibilità di applicazione in sicurezza della pressione utilizzando i principi Feldenkrais e giunse a elaborare diversi processi di movimento.
Prese in considerazione lo spingere nel muro mentre si è sdraiati a terra, seduti e in piedi. Spingendo nel muro provò a usare le mani e i piedi con l’obiettivo di trasmettere la forza attraverso tutto il corpo da un’estremità all’altra. In realtà «tutto il lavoro riguarda l’allineamento».
Feldenkrais mi ha insegnato in che modo essere creativa […] come venire fuori con più e più soluzioni e una pienezza di risorse. Io ho iniziato da me, cercando un movimento che crea la pressione, pressione organica, pressione che scorre, che coinvolge tutto il corpo, ma usa la prospettiva dell’integrazione, dell’armonia e le configurazioni naturali. Poi ho iniziato a fare cose con un telo per sostituire l’allineamento disorganizzato, ma era troppo corto […] e finalmente arrivai ad usare un telo di 7 metri.
Il telo di 7 metri in lunghezza e circa un metro in larghezza viene chiamato imbragatura, perché si avvolge attorno al corpo unendone tutte le parti e aumentando la capacità dell’asse dello scheletro di sopportare la pressione.
Ho sviluppato gradualmente l’idea dell’imbrago, partendo da un piccolo asciugamano intorno al bacino per aiutare la persona ad alzarsi dalla sedia e venire in piedi. Passare da seduti a in piedi richiede un’abilità specifica, di coordinazione del centro del corpo con la
sua periferia, per riuscire a sollevare il peso corporeo contro la gravità, senza uno sforzo eccessivo e senza distorcere le articolazioni […] Dal piccolo asciugamano sono passata ad un asciugamano più ampio, in modo da poter coordinare anche il torace verso la traiettoria dell’alzarsi. Utilizzavo una sciarpa e in seguito addirittura un lenzuolo. Con questi ausili potevo manovrare sempre più parti del corpo e portarle a partecipare più proporzionatamente nell’avvitamento attorno all’asse per alzarsi in piedi. […] Il telo viene completamente avvolto e riavvolto intorno al corpo secondo determinati intrecci. […] Il telo saldamente avvolto organizza l’asse centrale del corpo in una postura che può andare incontro alle sfide della forza di gravità con successo.
Anche quelle persone la cui postura non è organizzata in un asse ben allineato, necessario per il movimento dinamico, utilizzando l’imbragatura col telo, possono sperimentare in sicurezza il movimento che contribuisce al rafforzamento delle loro ossa.
Una volta acquisito un buon allineamento, bisogna sintonizzarsi con una specifica quantità di pressione ed essere in un ritmo e in una configurazione che l’organismo comprende e riconosce come suggerimento per servire la vita, fornire all’osso ciò di cui ha bisogno.
Trovo che il ritmo è una gran leva nell’apprendimento. Se ho persone che si alzano dalla sedia o rotolano da sdraiate per venire sedute, dico loro di sentire il ritmo e organizzare il loro movimento in un passo morbido e continuo. Una volta che padroneggiano il ritmo, tutto il movimento, tutta la coordinazione diviene molto più armoniosa, appropriata e proporzionale. Così allora il ritmo ha un gran significato per l’apprendimento. Saltare ha un ritmo. La camminata dinamica ha il suo proprio ritmo. Ognuno di noi ce l’ha profondamente dentro di sé e ci possiamo mettere in contatto con quel centro che è facile da seguire e da manovrare.
L’accompagnamento vocale delle pressioni, del rimbalzo sui talloni o dei salti inizia per Ruthy dal battito del cuore: Pam Pam, Pam Pam. Il suono che si emette serve a inglobare la respirazione con un maggiore afflusso di ossigeno.
Ruthy è solita citare l’esperienza dell’ingegnere spaziale Mikulyn che, per curare le proprie complicanze cardiache, ebbe l’intuizione del ruolo prezioso del rimbalzare sui talloni.