VENERDI’ 21 MARZO
Alle ore 18,30
POETANDO…
READING DI PRIMAVERA
Lettura poesie del gruppo “La stanza della Poesia” :
Anna Provenzano, Alida Manieri , Giulia Grigoletto, Marina Mariani, Maria Luisa Parazzini, Patrizia Puleio, Serafina Tarantini, Zina Borgini.
POETA INVITATA: Maria Luca
Interventi musicali di Giovanni Cannata (Contrabasso)
Buffet
MARIA LUISA PARAZZINI
Primavera
Quasi glaciale, apre una luce
di femmina incerta
primavera quasi sghimbescia, strambata
di vento traverso
la gonna ancora ai piedi del letto,
accorta verso nuovi amori
Estate
Autunno
Inverno
GIULIA GRIGOLETTO
Tu, che del mio cuore ne fai Uno
che è questo guazzabuglio?
che ci fa questa sterpaglia nella terra arata?
l’edera persa d’occhio avvinghia veleno
mille volte estirpato rispunta il dubbio
incespica il piede che passo più non trova
mentre i nostri smarrimenti incolpano
l’altro del mancato salvataggio
Oh, risparmiaci!
risparmiaci l’acqua sprecata
l’arsura delle febbri
le ustioni degli incendi
la stupidità degli incoscienti
le prigionie delle catene
l’insapore del non senso
(meditazione nel bosco)
cielo multiforme da sotto le fronde
la terra tutta al bacino alto
infiato il piede al tatto
“sa ta na ma”
la menta selvatica zaffa il ritmo
l’assoluto al dito inalo ad ogni passo
“sa ta na ma”
mentre lingue di luce distraggono
l’ombroso falciato di muschio
da tronchi slanciati gli uccelli
s’abbeverano all’etere
“sa ta na ma”
incagliato l’occhio alla rosa canina
fonde giallo fuxia e bianco viola
la sosta fannullona della cicala
che né il tagliaerba né l’aratro lontano
né il picchio canterino azzittisce
“sa ta na ma”
arena il sentiero nella melma
mentre il ragno vischia l’aria
facendo bella mostra della casa
la biscia sguazza nella torba
“sa ta na ma”
il verde del fiore senza colore
artiglia il gusto del rantolo
(potesse la casalinga con l’aspiratore
portare via lo sporco alle ore!)
le foglie narrano alla terra il cammino
“sa
ta
na
maaaa”
PATRIZIA PULEIO
Come facevamo ad entrarci
Tu, che del mio cuore ne fai Uno
che è questo guazzabuglio?
che ci fa questa sterpaglia nella terra arata?
l’edera persa d’occhio avvinghia veleno
mille volte estirpato rispunta il dubbio
incespica il piede che passo più non trova
mentre i nostri smarrimenti incolpano
l’altro del mancato salvataggio
Oh, risparmiaci!
risparmiaci l’acqua sprecata
l’arsura delle febbri
le ustioni degli incendi
la stupidità degli incoscienti
le prigionie delle catene
l’insapore del non senso
Traversata
I.
Tagliare l’acqua colore dell’acciaio,
un soffio di lava sulle braccia.
Non c’è speranza contro i lampi
tanto vale lasciarsi andare nelle onde
l’unica resistenza nello sguardo, nel sorriso
che rimanda ad un altro tempo
in cui ritrovarsi e ridere, le mani unite,
le gambe leggere, l’anima che danza.
II.
C’è un’aria d’Africa stamattina
che dà respiro al tempo
e libera un blu che non pensavi,
in questo luccicare ti perdi
e non hai voglia di tornare.
Ma il viaggio è lungo, occorre
volare bassi, procurarsi da mangiare,
afferrarsi a uno scoglio, un tronco.
Una stazione intermedia, che sia riparo
momentaneo per arrivare a sera.
III.
Invidio il pesce color della sabbia
circondato dal gruppo compatto
che in un attimo si trasforma
nel lampo d’argento che soltanto
i miei occhi, per caso, vedono.
Invidio il suo movimento, il tornare
ad essere fango, ombra, nulla.
Un guizzo d’onda inconsapevole
rubato al verde profondo
ricordando un buio vicino.
IV.
Ah poter dipingere il viola del mare
poter scendere il lungo scalone
di gradini sabbiosi e sassi
aprire la bocca al pesce di cristallo
cavargli gli occhi e leccare il sale
e infine cadere, rialzarmi
e cadere, morire nel viola
dell’ultimo mare…
V.
Alla fine quel che conta è questo:
la trasparenza dell’acqua, il riflesso
del sole mentre piccoli pesci
nuotano tra i sassi del fondo.
Aspettare tranquillamente
che quest’estate passi, lasciando
dietro di sé una scia dorata, che basti
a illuminare l’inverno.
Partiamo che i rami sono dita bianche
Partiamo che i rami sono dita bianche
quando le foglie scuriscono il cielo.
Rami che a spezzarli fanno compagnia
se la notte parla di silenzi e la strada
è una bugia. Rami che sanno di sabbia,
mani che spostano il vento, ricordi
che si incastrano negli occhi, speranze
che pesano quanto il dolore. Le scarpe,
le reti, le pistole. L’aria ferma che aspetta,
noi, che prima o poi arriviamo.
SERAFINA TARANTINI
Corre la sposa-bambina
col grembo in attesa
sotto le bombe
e un cielo rosso d’incendio
accanto all’uomo
chiamato alle armi
a cui donerà denti
e non armi
alla guerra
Corsero insieme
l’uomo e la sposa-bambina
verso il treno
che li riporterà al Sud
Cena
da sotto il tavolo
scoppiavano risa
sciocche e infantili
di fratelli
mentre sopra il desco
apparecchiato
s’incrociavano sguardi
e discorsi di grandi.
E’ plumbeo
Il cielo d’autunno
come quando
l’amore se ne va
ed è un giorno in meno
ed è buio
forse come
un’altra notte
Sud
la luce
cade a perpendicolo
nell’imbuto
fra i vicoli
e si inarca
ad arcobaleno
dopo la pioggia
intrisa di grida.
Ancora nel mondo
abita l’antico mistero
l’amore
fin dai tempi di Platone
mai rivelato
ah come ti amavo.
Alla curva
del mare
ci incontriamo
nel pensiero.
Donne
dal deserto alla luce
non più fuggiasche
né profughe
ma viandanti
sospinte dal fiume
irruente
dello spirito
verso la libertà
L’alta marea
ha risospinto
sul fondo
le emozioni
riaffiorate
MARINA MARIANI
ABITARE IL SACRO
Oscuramento
Spenti i lari,
sparse le ceneri
tacciono le dee.
Arrocchite sibille
evocano echi d’antichi vaticini
ad ottusi cuori
Smarrita ormai la via degli avi
Il sacro che abita in noi
è affare di spicce fattucchiere
- Reprimere
Squadernati gli ardori
l’antica paura mi afferra
Memore
aspiro fumo acre di candela,
dondola il corpo al ritmo dei sospiri.
Con mani serrate sul ventre,
sgrano ideologie come rosari.
Si cuce, su umide labbra,
parola
- Nero – Kuro’
Impalpabile come fuliggine
acconci notte il manto tuo,
né lacrime, né stelle
a rischiarare l’antica paura.
Solo un gemito,
come pulsare di sangue,
a contrastare il nero volto.
- Bianco- Shiro
Ho bevuto alla fonte,
senza fare complimenti.
Ho bevuto nella vita
la mia vita, la mia morte.
A poco, a poco,
ho bevuto alla fonte.
Desiderio, un bianco brillante,
puro. Posso parlare di polvere e vento.
ALIDA MANIERI
Tregua 2010
Assestare il cuscino sotto la nuca,
accucciarmi nel cuore dell’emisfero
per convenzione di un gioco
si spegne l’allerta
scivolo col peso nel centro apparente
le visioni affiorano
la quiete muta le vene in fiumi
nell’universo ogni cosa è al suo posto
sto al mondo su un piccolo ramo piatto