PATRIZIA ARGENTINO
L’albero di via Spallanzani 16
In un cortile
di Via Spallanzani 16,
Porta Venezia Milano,
c’è un albero
un po’ strano
a forma di cuore.
Così bello
che quando entri
ti fa da ombrello,
sembra dire:
vieni a innamorarti
tra le mie fronde
sotto il cielo.
Spero non sia vero
che l’anno scorso
lo volessero tagliare,
solo all’idea
la poesia mi comincia
a sanguinare
che con l’albero
a forma di cuore
trova la rima
e ci fa l’amore
per ore ore ed ore.
ZINA BORGINI
La prima volta in pista
Un tempo che mi pare lontano
non più ragazza,
ero già madre
e moglie da poco disgiunta
calzando nere ballerine,
una gonna di voile
il nastro raso-rosso
nei morbidosi ricci scuri,
con un cuore nuovo di zecca
sono scesa in pista.
Abbandonati i noiosi amici
intrisi di trip intellettuali
ballavo e ballavo
al ritmo sudamericano.
Sartre, Camus e Artaud
affogati nella melma dei ricordi,
boccheggiavano fra Merenghe e Ciaciacià.
In auge una rinnovata brezza
trasgressione e fretta,
un drink pausa tra i volteggi,
una sigaretta trafugata,
una risata,
le avances mediterranee e seducenti
di un giovane di Sousse
che la sapeva lunga sul ballo
e gli sballi…
Perdio! Ritrovata giovinezza,
a quarant’anni
la vita di nuovo mi azzecca.
DANILO BRAMATI
L’ultima promessa
Al bordo di quale fiume
ho attraversato il sonno dei canneti
con un piede oltre il confine?
Smarriti i limiti
ero platano fra i platani,
una sostanza verde,
una crescita incosciente
ma avevo sogni, figure come sfingi
mi traducevano gli oracoli.
Era l’ultima promessa. Ora
il fiume giace in un bicchiere,
la riva accoglie
creature di fumo
che prima erano respiri.
LUIGI CANNILLO
Molto meglio di una giostra
di una trottola i juke-box
esplodono nei bar fino ai biliardi
l’eco a rotolare nelle buche
ripetere canzoni come favole
Felicità gettone rivelata
replica al flipper io ti batterò
ti ballerò davanti e accenderai per me
tutte le tue luci e i campanelli
Brilla una giungla una tigre sul vetro
s’illumina la notte americana
a spalancare gli occhi dei ragazzi
Non basta più spiare carte
ronzando attorno al tavolo da gioco
la stessa scala risplenderà reale
al nostro tocco e squilla dagli specchi
In cerchio s’inseguono le musiche
e i sandali danzanti, la favola
tutta in luce e suono liberata
ADA CELICO
Mia Madre, partigiana della vita
Ti guardo, mentre sferruzzi la lana color del ciclamino.
Sono ferme le tue mani grandi, e la tua bocca trema.
Un tremore senza ritmo. Il contrario di una melodia.
Le labbra semiaperte evidenziano i denti larghi.
Sono cresciuti? O si sono ridotte le gengive.
Dio! Come diventa piccolo il mio cuore.
Stretto dal tempo pazzo che avanza, imbizzarrito come una fiera.
Sento il suo fiato sul collo.
Tu, sembri non accorgerti di nulla.
Oh, la tua dignità! Che ti fa essere superiore alla vecchiaia.
Non dici mai che sei vecchia, che ti senti la morte sulle spalle.
Per questo tu per me non lo sei davvero, non sei vecchia
e mi fa rabbia la tua pelle, i teneri tremori, i tuoi passi malfermi.
Mi viene da gridarti, strappati la maschera!
Togli la corazza che blocca il tuo andare. Ritorna quella di ieri. Conciata così, mamma, non mi freghi.
Poi. Poi mi ricordo che ti ho appena lavata.
Che ti ho fatto il latte e tu lo hai bevuto.
Poi. Poi mi ricordo che devo chiederti di alzarti,
altrimenti stai seduta per ore.
E devo farlo ogni cinque minuti
perché fai solo dieci passi e poi ti siedi.
Poi. Poi mi ricordo che devo fare qualcosa.
Spaccare la faccia alla Morte puttana.
Tenerla inchiodata oltre la porta.
Al di là del muro. Fuori dal cancello.
Poi. Poi mi ricordo che devo ancora pregare.
Pregare la Vita perché si accordi al tuo respiro.
SILVANA GIANNELLI
“Ti avvicini”
Ti avvicini dove io sento un rumore di onda e
Barcolla la mia sicurezza davanti alla tua audacia.
Ma poi una parola incolpevole cade tra di noi e
tu fuggi con l’irritante tua rabbia .
Cosa è accaduto ?
Un paio di indovinelli e una risposta errata
diventano silenzio e mutano i baci in morsi
e un filo di sangue sgorga dalle mie labbra e
cade sul bicchiere e sul mio stupore.
Lontano, con in braccio la tua vendetta consumata,
aspetti che ricominci il gioco,
ma chiediti se un giorno io lanciassi in aria un sasso e
fuggissi con la tua valigia colma di incoerenza
a dire al mondo che non ho perso niente,
che brutto colpo al tuo ego immaturo.
MAX GIUNTA
Lascio andare tutto
Lascio andare tutto.
Lascio andare il mio nome,
la mia storia,
le strade in cui ho vissuto,
i volti che ho incontrato,
i miei errori, i miei successi.
Lascio andare la mia musica,
la mia voce, il mio canto.
Semplicemente,
non mi appartengono più.
Lascio andare gli amici,
il buon vino e, con loro,
l’amabile suono delle risate
che scalda l’aria calpestata
sottovoce dai dispiaceri.
Lascio andare i ricordi,
i rimorsi, i sogni
con cui ho finemente
ricamato l’arazzo della mia Vita,
in ogni istante,
con ogni battito,
per ogni respiro.
Lascio andare chi sono stato,
chi sono, chi sarò.
O, per dirla meglio,
chi pensavo di essere o forse,
avrei voluto diventare.
Con ogni singola,
impercettibile parte di me,
lascio andare il bisogno di essere
e il desiderio di non essere.
Lascio andare tutto,
non mi serve più.
Il mio corpo, i miei occhi,
i miei capelli,
il carnevale delle mie idee,
il frastuono delle mie infinite,
innumerevoli parole.
Poso la corona di spine
Indossata negli anni
con la mia migliore dignità
e la depongo con gratitudine
per avermi insegnato a scorgere,
con gli occhi chiusi,
la Bellezza nell’ombra
e a sussurrare al vento
la melodia disadorna della mia Anima
salvandomi dalla Tenebra.
Cosi, lascio andare tutto,
mi libero di tutto,
giacché sono nulla nel nulla
e non tremo più.
E in quel nulla, permeato dal Tutto,
sarò seme di quercia,
germoglio di bucaneve,
goccia di pioggia che rinuncia al cielo
per scendere verso la terra
dove arde il Mistero
che avvolge ogni cosa
come braccia materne,
come ali d’angelo.
Lascio andare tutto,
eppure consapevole
di aver amato tutto,
fino a ridivenire,
io stesso,
Tutto.
ANNALISA MAMBRETTI
Dialogo con un amico
Un tempo,
le montagne, il cavallo,
le piante,la nube, il torrente,
tutti eravamo sotto il cielo.
Saltavamo le pozze, le forre
vivevamo incoscienti
nel cuore portavamo
i segni del cosmo.
Un tempo,
le bestie e il pantano
erano terra d’incontr
l’acqua scorreva divina.
Il cielo più azzurro era vuoto
il giorno o la notte non c’erano
il caos traboccavadi luce.
Un tempo,
bastava sfiorarci
gli sguardi
vedevamo tutte le cose
e nulla era d’inciampo
al nostro cammino.
E’ lontano quel tempo
credi a me
che ho veduto il destino.
GIO’ MARCHESI
Saturno contro
Un vento avverso soffia
con oscene bocche fameliche,
risvegliando i draghi tra le
favole dell’infanzia,
l’alito e il seme della vita.
Inchiodata alla croce dell’esistenza,
guardo, con il terrore dei vinti,
le mie mani disarmate e
la mia armatura ridotta a brandelli …
MARINA MARIANI
Questi capelli
cifra dei miei silenzi
invocano tonsura,
a spregio della loro bellezza,
quale oracolo
di iconiche profezie
queste tue mani,
rese scabre dal levigato legno,
sognano lidi che remi non conoscono
terre d’acerbo riso
a nascondere
l’orgoglio degli esiliati
TERESA MARINIELLO
Amica poesia
Saltami tra le dita,
Poesia.
Allargami queste mura
di basso e mediocre quadrato,
di piante stantie e polverose
stanche di ricordi;
allontana quest’aria acre di rancore,
di falsi nodi gordiani.
Ballami la danza,
Poesia.
Dammi forza d’allargare ali
piumate pizzicate come corda di violino.
Via, via
nel recinto sacro
dalle basse acque sorgive.
A piedi scalzi, con te vicina Poesia.
ELENA PETRASSI
Regole per l’immaginazione
Il melograno, l’acero, il fuoco,
la nebbia, la cenere, il sasso,
la corteccia, la castagna, il legno,
la foglia, la mela, l’erba,
il cielo, il vento, il mare,
l’alba, le nuvole, la pioggia,
il foglio, il vento, il vento.
Ordino il mondo per colore non
per coppie, ma per triadi perché
la poesia ha bisogno di angoli per
crescere e di un occhio indagatore
per ogni sfumatura.
Ho abbastanza angoli, colori e
prospettive in questo ultimo
giorno d’estate per non cercare
niente altro intorno, perché
il segreto è stare dentro e fidarsi
delle regole dell’immaginazione.
ANNA PETRUNGARO
Poete fate la baldanza
Sospendete il giudizio
in fattura di lingue acuminate
Fate a lato i fogli ed i foglietti
tali alucce piumate ai vostri lati
Fate i versi a catena e nel montaggio
con la punta che sgorga ed il puntino
dentro l’ultimo fiato rumoroso
fate muto il silenzio e di velluto
più scarlatto che più così si spalma
e si spalma di sè come una pace
Fate i versi fateli incompiuti
senza terminale
così precisamente
forti di forza tratta di lor forza
Fatene un piano lisciato un rivo d’aria
che non di coda si sferra
e nè di capo
E poete fate la baldanza
di soqquatto lo scatto dell’osare
e di costume fate un’altra oltranza
fiato a pelle che a tanta indifferenza
ride a lago e a spianate
e a balzi a balzi fate largo
di quei trivi mordaci senza slargo
Fatene un calco invero
spugnato di pirite
magistrata di scoppi
e annientamenti
E scoppiettan così magistralmente
che in un salmo
ch’è arca di noè
la rivalsa vocale
era azzoppata si raddrizza
con compagnia
cantante
O poesia che scappi o lupacchiotta
come gioia corrotta e fuggitiva
io che sono montagna sovrastante
e falda di sotterra con le zampe
gravata d’elefante come vampa
o leggiadra zampata ti
scramaccio
poi di te quel che resta
sto imbrattata
e rapisco e pulisco: una linguata
mia furtiva di fuga
fuggiasca fuggitiva mia furtiva
i sapore e suo squillo sirenante
imbevuta mi lascio
e che tu beva
LUISA SAX
Poesia per Samantha Cristoforetti
Mirare o mirarsi?
Ammirare o ammirarsi?
spendere o spendersi
Essere sposate e spesate
o spostate e spaesate ?
Pesate o soppesate?
sottostimate
o sovra alimentate?
Sottoscrittrici seriali
di petizioni libertarie
contro la sottomissione?
Ricercatrici assolute
di antiche società matriarcali perdute?
Perse, Spaurite, Sparute
Sparate, lapidate?
Cerco un nuovo trucco
una maschera…
mi rimodello?
NO!
Rifiuterò lo scalpello
del chirurgo demiurgo!
LUCIANA TAVERNINI
Eccedenza d’amore
Era sorgente dentro il prato verde
e dai suoi rivoli si abbeverava il fiume –
Ora tracima e allaga la palude
e non c’è terra salda dove andare.
Da me a te trabocca dalla brocca
e cosa e quanto solo tu lo sai.
L’uva nella vigna è già matura
e ancora resta vino nelle botti –
Venite, amiche, insieme a festeggiare!
Il mosto già ribolle dentro i tini.
Dialogo con un amico