Mercoledì 24  settembre 2014

Alle ore 18,30

“LA STANZA DELLA POESIA”

presenta

Reading d’Autunno

con un omaggio a Wisława Szymborska

leggono:

Anna Provenzano, Alida Manieri, Giulia Grigoletto, Marina Mariani, M.Luisa Parazzini, Patrizia Puleio, Serafina Tarantini, Zina Borgini

 

Poeta invitata Alessia Fabrizi

Intervento musicale di Giovanni Cannata

 

LEGGONO LE POESIE:

SERAFINA TARANTINI

Estate 

 

mi viene incontro

il mare

e mi avvolge

 le note delle onde

si mischiano

a musiche lontane

 all’improvviso

stride

il suono di un clacson

 

 

In lode a mia sorella

( esercizi di stile da una poesia di W. Szymborska )

 

Mia sorella non scrive poesie

cucina cibi squisiti

nel suo regno esclusivo di fornelli

mentre io inseguo i miei sogni nell’altra stanza

lei mi parla e mi rimprovera di non ascoltarla

e poi cammina sui miei passi

e non riesce a raggiungere i miei pensieri

ma ricordi lontani condivisi

come il pane a tavola

 

Autunno

 

Ingialliscono
le prime foglie del platano
ed é già autunno
ma forse non é mai arrivata l’estate
e forse non é mai stato amore
il nostro
sesso, amicizia, affetto
ma non amore
non estate
 
Sta arrivando l’autunno
 

MARIA LUISA PARAZZINI

Dove sarà la figlia di Wislawa?

Su che nuvola l’avrà lasciata ad aspettarla, poi?

Con che rimorsi, se? Mettendo da parte un piccolo cestino,

con cifra?

E le favole? Raccontate lo stesso?

Tutte quelle che sapeva?  Solo per lei?

 

MARINA MARIANI

S’ode autunno,

con ventose foglie

e scarpe d’oro

Pioggia sottile

l ava cieli ferrigni

come lacrime

In relazione a W. Szymborska

Come mosche fameliche

sul pane,

il Tempo sbriciola parole,

spiaggia ricordi ,

filtrandoli dalla risacca della Storia

  1. Temporale,

ti annunci con sbattere di porte,

svolazzar di panni,

tintinnio di cristalli

e

silenzi sospesi

poi

acqua a secchi, a mastelli, a cascate

così intensa, così rapida

nel percuotere la terra

da eruttare

bolle

scivolano sul selciato

come sapone

 

PATRIZIA PULEIO

C´è mancato poco  ( pensando a “Assenza” di Wislawa Szymborska)

C’è mancato poco
che mia madre sposasse
il signor B. del negozio di mobili all’angolo.
Me l’ha confidato con noncuranza un giorno
mentre parlavamo d’altro, passeggiando.
Lui la corteggiava in modo insistente, ma a lei
sembrava già vecchio: pochi capelli, gli occhiali,
concentrato su come incrementare gli affari.
Gli preferì mio padre, baffi e occhi neri,
mascalzone quel tanto che bastava, inaffidabile

come le auto che cambiava una volta al mese.
E che nel giro di pochi anni
avrebbe perso quasi tutti i capelli, messo su pancia
e cambiato amante con la stesse frequenza del modello d’automobile.C’è mancato poco
che mio padre intanto sposasse
la signorina C. del paese vicino al suo,
la quale aspettò per un anno intero che quella sera lui tornasse dal tabacchino
“esco un attimo a comprare le sigarette”
e infine sposò il suo migliore amico.
Insieme negli anni lo ricordarono e fecero tre figli, al maggiore dei quali misero il suo nome,
e insieme trionfalmente festeggiarono le nozze d’oro.
Lei quando mi conobbe mi baciò

e mi abbracciò forte, commuovendosi, dicendo tra sé a bassa voce
qualche parola in dialetto che io non capii.

Can you see me now?

La vedo: sembra molto piccola, e crede di aver paura.
Di coperte e fantasie fa una tana.
Ha paura
che il mostro esca dalla parete per inghiottirla
tutta intera, come fa la balena con Pinocchio.
Ha paura
che i cani che abbaiano in cortile salgano correndo le scale
la bava alla bocca, gli occhi in fiamme, arrivino fino a lei.
A intermittenza
i fari delle auto illuminano la stanza e anche di quelle luci ha paura:
che si fermino proprio lì, proprio sotto casa.
Fino a che finalmente il primo sole scaccia
i rumori, i lampi e i guaiti, e il pianto che assomiglia al riso.

Riesci a vedermi adesso?
Sono qui,
a respirare il buio, in questo silenzio senza stupore,
in questa tranquilla assenza di sogni.
E mi manca la notte, mi manca quella paura.

 

GIULIA GRIGOLETTO

L’amore delle vite parallele
ha un bel da fare nel tenere
insieme i giorni con le sere
Un amore infingardo?
Condannabile sul nascere?
Certo, si vedono di nascosto
nel rispetto dell’altro contesto
dell’altrui campo a sé esiliato
Rinunciano alla comunione dei beni
alle vacanze come a calpestarsi i piedi
Non c’è stampella che tenga
e della vecchiaia un’incognita
Nessun contratto sancisce doveri
solo fili d’intreccio in aperture d’ali
e braci in custodia sotto la cenere
animano l’attesa
L’amore delle vite parallele
non è degno del nome che porta?
“Sono degli equilibristi” dicono alcuni
Guardiamoli un po’ camminare
distanti in sguardi di Venere
per sostegno il vuoto che li separa
nelle mani stringono sogni impossibili
si abbeverano in reciproci sorrisi
Un amore per pochi, non pensate?
chi altro potrebbe durare nel tempo
cibandosi di niente.

La pietra di Trani

la paura morde le viscere
ma appena la si vede
muta lava a mare
liberando campo
intercettando meglio
la luce che dipana
oltre il vuoto
andare per le strade
dalle pietre a specchio
senza voler passare di lì
II
sta nel quadro rosso l’acqua
del pozzo che rinfresca
il sol leone del sud
col vento che gonfia le onde
e spigola le pietre
lucidate dai passi
lungo le sue strade

stava il rosso del quadro
nel cerchio bianco
l’abbraccio violaceo
del mantello

III
i piedi vanno per lastricate vie
di luce senza pudore che
si insinua nell’intimità
del mare illuminato a giorno

sullo sfondo, delle pietre
una dopo l’altra al cielo
slancio di cattedrale

l’onda sciaborda
il sacro del non luogo
al faro del sè
IV
l’orecchio acciambella
la durezza che l’osso misura
frantumandosi nel brusco
e dal suo grugno sentire
la posatura spezzare le schiene
nei secoli dei secoli
le donne al suo calore
covano il desiderio del ventre
come luna in preghiera
alla clemenza del mare
dalla freddezza del suo stare
un accompagnare al camposanto
dove ci si inginocchia al respiro

 

Il fuoco era assonnato

(La lama che affila la parola
flette chi la riscalda)

Il fuoco era assonnato
l’aria soffiava vento
che scuoteva il mare
e sulla terra si scagliava

un grande tonfo, l’osso saltato
Poteva andare meglio del previsto
ma avrebbe potuto andare peggio
Se ne è cercato la ragione
il movente che muove le maree

una falce di luna avanzava
rimestando le acque dei bacini
ululanti, fluide luci intermittenti
che alla notte destavano il piacere
zampillando dritti al cuore.

Dimmi ….

dimmi, sul fare della sera
quando deposto il piccone
tace nelle calli delle mani
e dalle arterie la ressa evacua
un cuore gonfio di smarrimento
che a fuoco lento stana
il calare dei giorni
senza che la voce abbia detto
indicato l’andare del venire

permanente qui ed ora d’ogni ora
senza tempo rintocca il sacro respiro