OGNI SGUARDO SU MILANO

Volume II

Collana di Poesia

poesie di autrici e autori vari

La stanza della Poesia di Apriti Cielo! Aps partecipa alla raccolta

con:

  Giulia Grigoletto, Marina Mariani, Patrizia Puleio e Zina Borgini

Per acquisto volume

 

I testi raccolti in questo secondo volume offrono una molteplicità di forme e scritture, testimoniano la varietà di ascendenze e ricerche della poesia contemporanea, oscillando tra il reale e l’onirico, tra il quotidiano e il metafisico, offrendo un’esperienza di lettura che va oltre il semplice significato delle parole.
Lo sguardo sulla città si traduce in un’interrogazione sul senso dell’esistenza, sulla memoria e sul tempo che scorre inesorabile.

 

GIULIA GRIGOLETTO

cornamuse e albero illuminato

come la Madonnina su in alto

 

Era la città dei canti da osteria

degli amori da serate in balera,

nell’esuberanza della vita

che pulsava il suo piacere

dopo turni massacranti ai capezzali,

la Milano che mi accolse

dentro il suo ventre di balena.

Era la città del lavoro mai mancato

della mendicanza culturale

studi serali e case a ringhiera

-le preferite di sempre

per quel massiccio antico che

nel moderno si ristruttura.

Ed ora che non sono più incalzata

dal fare frenetico del tempo,

vedo spiragli di cielo sempre più

sagomati da verticali di cemento

mentre il verde è dato in pasto

ai divoratori di terreno.

La Milano di ora è variegata

chiusa e stratificata nelle sue etnie,

la Milano di ora sta mutando

al rumore che la abita

al fuoco che la arde d’estate

alla neve che le manca d’inverno,

la Milano di ora ha come allora

il cuore grande

delle persone che nutrono

lo stare insieme controvento.

 

MARINA MARIANI

Metrovia

Provo immediata simpatia

per la metro delle 7.30

ti innonda di idiomi

ti sfoglia odori

i libri esalano parole

poi arriveranni a grappoli

le metro degli ipad

uomini fasciati in giacche attillate

donne dagli alti tacchi

(senza titolo)

Non ho

con la mia lingua

quella dimestichezza di accenti

che mi regalò il latino

né ildono d’accordare l’orecchio

al dialetto

ma in addomestico

camminando per via Padova

a suoni gutturali

a vocali lunghe

a dentali imperative

esperanto acerbo sogno

una lingua

per un futuro presunto

Little China

Siedono a bordo strada

seguendo la luce

in inverno

assecondando l’ombra

in estate

attraversando piazza’Balena

non puoi non notare

i loro cappellini

un filare di tortore bianche

Fugaci sorrisi ai figli

accompagnati alle nonne

brevi scambi di parole

il lavoro riprende

E’ questa quotidianità

che nutre i tempo mio

al di là della cornice della via

NOLO – North of Loreto

gentrificazione in atto

poi

Via Giacosa – il Trotter

grida giochi di bimbi

voci infinite non ancora identità

ma speranze possibili

 

PATRIZIA PULEIO

 

Il pane di oggi

Oggi il sindaco inaugura

la nuova linea della metropolitana

col senatore leghista ridens

e la banda e tutta quanta

la corte dei miracoli.

Io salgo su un’ altra linea quella più vecchia

al n. 335 del largo viale trafficato

che porta fuori città

verso le campagne un tempo verdi

dove tornava a piedi Renzo

stanco impaurito dopo i tumulti del pane,

verso il punto dove sorgevano fiere

le grandi fabbriche che sfornavano acciaio

e davano, anche loro, pane,

e ora sta il capannone sfondato

che ha davanti sempre una lunga fila

e che si chiama proprio così

il pane quotidiano.

E dacci oggi…

cosa?

Forse solo una dose d’ ironia

per condire il pane di oggi

e domani chissà

cosa…

cosa?

Io vorrei solo

una volta almeno

un pezzettino

del pane di ieri.

 

Le case nuove

stan con le vecchie

come stampelle sulle gambe offese.

Presto quelle vecchie, ferite, polverose,

coi segni dei tramezzi tra le camere

a vista, come parole impudiche,

saranno abbattute, per lasciar posto

a nuovi palazzi di acciaio e vetro,

dove si aggireranno tra i riflessi

impiegati frettolosi e non donne

uomini bambini tra la cena e le poltrone

a fiori e poi i letti, non persone insomma.

Cosa sapranno della Storia quelle figure

slavate e vive solo fino alle diciassette?

Avremmo dovuto lasciare in piedi

almeno un muro, un portone,

un mucchio di sassi almeno.

Adesso nei nuovi marciapiedi incastoniamo

dorate pietre d’inciampo, ma dimentichiamo

il ballatoio sul cortile in cui si ballava

al suono di una chitarra scampata

al bombardamento di ieri sera.

ZINA BORGINI

Copacabana

Quella sera del Copacabana

approdai dalla periferia

a Milano in Corso Europa

Autorizzata allo sballo

da tre amici ventenni

io a ridosso dei quindic’anni

Per la prima volta

in discoteca meneghina

La minigonna e la dolce vita

i tirabaci due virgole nere

laccate sul viso pallido

In mano una sigaretta

nell’altra un drink

gli amplificatori a palla

La voce in falsetto di Maurizio Vandelli

e il sound di chitarre

dell’Equipe 84 intonavano

Ogni mattina wo wo
ed ogni sera wo wo
ed ogni notte te…”

e te eri lì che dondolavi

davanti a me per ore e ore

con gli occhi semichiusi

fino all’esaurirsi della musica.

Ci rovesciammo poi

in una Milano notturna

la musica ripulsava in testa

sbrillavano gli occhi

nel buio notturno

Il Corso era deserto

I taxi verdi-neri in coda

aspettavano pazienti

mentre gli ultimi tram

tra lo sfavillio dei trolley

scivolavano lenti.

La fila

Oggi a Milano si respira primavera

La natura si è risvegliata

gli alberi di Viale Monza stanno germogliando le nuove foglie

Trasparenti sipari sullo sfondo delle case

in fila ordinata ai bordi strada

come quella che si palesa più il là:

la fila dignitosa dei poveri che davanti alla Casa del Pane

attendono il turno per un sacchetto di cibo

Mi faccio violenza

-guardandoli – affogando sensi di colpa

Poi… la routine frenetica

gli impegni che non lasciano vuoti

mi consegnano alla sera

Decido di passare al Pac

in scena una performance -VB65 di Vanessa Beecroft-

Un’altra fila mi attende

Questa però rumoreggia impaziente, arrogante

L’accesso al padiglione è consentito per soli quindici minuti

Accoglie un grande tavolo di cristallo,

dei piatti di carne arrostita e brocche d’acqua

Ventidue uomini africani

con completi neri appoggiati sui loro corpi nudi

strappano con le mani bocconi di cibo

che portano alla bocca con rigoroso silenzio

Uomini accomunati dal colore della pelle,

dall’emigrazione, dalla paura di tutto

E, io ospite e ospitante,

invitata alla cena solo con gli occhi,

nell’intimo mi faccio domande

sulla casualità di appartenere ad una fila…

quella decisa dalla sorte.

Remember

Potrei iniziare così

Vi sovvien”

come disse Alberto di Giussano…

ma la farò più breve

la Milano dei miei ricordi

Le manifestazioni studentesche

urlando col pugno teso

è ora, è ora potere a chi lavora”

poi le cariche dei celerini

e le fughe disperse nelle vie limitrofe.

Le riunioni semi clandestine

Al Cicip e Ciciap di Via Moriggi

Un tozzo di focaccia del Panificio Pattini

bagnato dal buon calice del Moscatelli

o il panino con wūrstel crauti e senape

di Strippoli in piazza Santo Stefano

e quando in tasca ballavano più soldoni

il Mangia-Bevi del Bar Basso

oppure si andava al Jamaica in via Brera

a tirar notte ponzando sogni e passioni

I sabato pomeriggio sascrosanti

con il Fuma* in Galleria delle Ore

a parlare e consumare arte

O da Luciano Inga Pin

talent scout coraggioso di Via Pontaccio

pioniere della Body Art

Pomeriggi che finivano sempre

in libreria a girar volumi visti e rivisti

a bramar letture complicate

che abortivano sulle prime pagine.

Poi altro e altro ancora

la Milano nei miei ricordi

è romanzata, aulica, esaltata,

ma ora la finisco qui:

Il sole ridea calando dietro il Resegone.

*Giovanni Fumagalli direttore della Galleria delle Ore di Via Fiori Chiari, scorciato intimamente in “Fuma” dagli allievi della scuola di pittura Faruffini di Sesto San Giovanni