Venerdì 15 marzo 2019 ore 18,30

IL PRIMITIVO CHE E’ IN ME

COSE, da sempre chiamate Passatempi, senza data e senza titolo, hanno lo scopo di far smettere alle cose di essere cose…

Orari apertura 18.30-20.00 marted’/mercoledì/venerdì/sabato (altri orari anche su appuntamento) Chiusura giovedì 4 Aprile 2019

Tra le stringhe del caos di Gianluca Ranzi

Stringhe, fettucce, nastri, mestoli, pennelli, lacci da scarpa, cucchiai, sagome ritagliate, cornici, bottoni, perline, paillettes, fermacapelli e pezzi di legno sono gli elementi che compongono l’ultima serie di opere di Isabella Spatafora, rimasugli laceri e sdruciti che nelle mani dell’artista acquistano un nuovo senso e una nuova vita, ora capaci di far sorridere, di meravigliare e in qualche caso anche di inquietare.
Dai frammenti abbandonati, poi ritrovati e assemblati dall’artista, risulta qualcosa da cui, come scriveva Adorno a proposito di Samuel Beckett, “affiora l’immaginario del nulla”, cioè la possibilità di scorgere qualcos’altro non ancora esistente, il senso di una complessità ritrovata in cui il metter mano dell’artista non è un metter ordine ma un tuffo caotico nella materia.
In queste opere, che assumono anche la forma di un diario poiché recano giorno e anno della loro creazione, i frammenti e i reperti, trovati anche in modo casuale, diventano accumulazioni significanti in cui se è vero che il tutto suggerisce una nuova forma, lo sguardo è libero di correre anche sui singoli oggetti gustandoli ed evidenziandoli, sospeso tra il gusto del dettaglio e la sorpresa dell’insieme.
L’esistenza è bifronte e si articola tra tragico e comico, che qui l’artista non ha mai camuffato, riconciliato, anestetizzato, ma che al contrario ha cercato di evidenziare fino al parossismo, anche con l’ironia e il sarcasmo, inserendosi in una metamorfosi senza fine di forme, di colori e di composizioni. I frammenti usati e ricomposti, pur possedendo tutti e ciascuno un flebile e ineliminabile colore sentimentale, acquistano un’identità autonoma da quella che avevano nel mondo e si affrancano dalle storie di chi li possedeva e di chi li ha più volte ripudiati come inutili d’essere conservati. Sono per la maggior parte oggetti scartati, parziali, rotti, inservibili, sono indegni d’attenzione e sono anche indegni d’esser tesaurizzati per il futuro. Eppure, se questo è il ragionamento del mondo, lo sguardo dell’artista sa intravedere in essi una qualità che sfugge alla comune attenzione.
“Vegliare sul senso assente”, come ha scritto Maurice Blanchot, è quindi quello che fa Isabella Spatafora, con un lavoro che si serve sì dei giochi bizzarri messi in atto dal caso, ma che è sempre lucido e consapevole e che agisce secondo una sensibilità compositiva, si direbbe a tratti architettonica, precisa e talvolta persino rigorosa. Curiosamente le opere risuonano pertanto anche di echi contrapposti che richiamano alla mente Enrico Baj e Max Ernst, Giorgio Morandi e Gerardo Rueda, Daniel Spoerri e Osvaldo Licini. I frammenti si sono ora illuminati di nuovo senso da quando lo sguardo creativo e selezionatore dell’artista si è posato su di essi e li ha riscattati, restituendogli il senso assente di cui parla Blanchot. In questo modo il frammentario, il molteplice e l’indistinto assumono nuove costellazioni di significati, rianimati dal gioco combinatorio delle connessioni, dal Witz, dal gusto del perturbante e anche da una nuova collocazione nei repertori iconografici della storia dell’arte contemporanea.
Il caso, quando arriva imprevedibile a stabilire relazioni, mostra la vertigine dell’oblio, la tensione della necessità, il non senso e la semplice banalità delle cose. E’ un canto del mondo al di là dell’ultima frontiera della perdita e dell’incosapevole, reminiscenza passata e nuove configurazioni, catalisi di mondi dell’infanzia e di nuovi orizzonti, ritornello che riemerge dal perturbante del caos sfruttando il suo contrario: la familiarità di un volto ricostruito, il sorriso caustico di un cucchiaio di legno, l’informe dei brandelli di tessuto contrapposto al rigore delle griglie geometriche. E’ così che Isabella Spatafora rivolge uno sguardo rigoroso e saggiamente disincantato al caos e alla realtà ed attraverso la molteplicità frammentata delle loro manifestazioni mostra che se la totalità è ormai irrimediabilmente eclissata, il compito dell’arte può esser quello di dare figura a ciò che si pensava non avesse più possibilità d’espressione.

www.isabella spatafora.it